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 Editoriale di Maurizio Bogetti

 

L’UMILTA’

CONDIZIONE PER IL CAMMINO DI CONVERSIONE

E PER LA GUARIGIONE INTERIORE DA OGNI MALATTIA SPIRITUALE

 

Imparate da me che sono mite ed umile di cuore

(Vangelo di Matteo 11,29) 

 

 I. I VIZI E LE VIRTU’ CONTRAPPOSTE

 

VIRTU’

TEOLOGALI

E CARDINALI

VIZI

CAPITALI

VIRTU’

CONTRAPPOSTE

AI VIZI CAPITALI

1. Fede

1. Superbia (e i suoi frutti)

1. Umiltà

2. Speranza

2. Ira

2. Pazienza

3. Carità

3. Avarizia

3. Generosità

1. Prudenza

4. Lussuria

4. Purezza o castità

2. Giustizia

5. Invidia

5. Benevolenza

3. Fortezza

6. Pigrizia o accidia

6. Laboriosità

4. Temperanza

7. Gola

7. Mortificazione

 

 

SOMMARIO:

 

I. DEFINIZIONI DI VIZIO E DI VIRTU’

II. L’UMILTA’ NELLA BIBBIA

III. L’UMILTA’ NELL’INSEGNAMENTO DEI SANTI

IV. L’UMILTA’ NELL’INSEGNAMENTO DI PAPA FRANCESCO

V. LA FALSA UMILTA’

 

 

 

 

 

San Basilio il Grande, vescovo e dottore della Chiesa (329-†378)

dalle «Regole più ampie»

 

“Infatti la definizione del vizio è questa: uso cattivo e alieno dai precetti del Signore delle facoltà che egli ci ha dato per fare il bene.

Al contrario, la definizione della virtù che Dio vuole da noi è: uso retto delle medesime capacità, che deriva dalla buona coscienza secondo il mandato del Signore”.

 

San Paolo, Filippesi 4,8: «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri».

 

 

II. L’UMILTA’ NELLA BIBBIA

 

1. L’umiltà di Maria

 

Vangelo di Luca 1,48: «Perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata».

 

2. L’umiltà di Giovanni Battista

 

Vangelo di Giovanni 3,30:  «Egli deve crescere e io invece diminuire».

3. L’umiltà dell’apostolo San Paolo

Lettera ai Filippesi 2,3-11: «Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre».

 

 

III. L’UMILTA’ NELL’INSEGNAMENTO DEI SANTI

 

La superbia è la radice di tutti i vizi, come l’umiltà è la radice di tutte le virtù.

 

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1. Santa Teresa d’Avila: «Giacché a tanto non siamo arrivate, umiltà, ripeto. Essa è l’unguento di ogni ferita, e se ne fossimo ben fornite, Dio, che è il chirurgo, non tarderebbe molto a guarirci».

 

2. San Giovanni Battista Maria Vianney: «L'umiltà è per la virtù quello che la catena è per il rosario: togliete la catena e tutti i grani se ne vanno; togliete l'umiltà e tutte le virtù spariscono».

 

3. San Maria Escrivà de Balaguer:  «Non sono nulla, non ho nulla, non posso nulla, non valgo nulla, nulla! Ma con Lui posso tutto»

 

4. Beato Giovanni XXIII: «Il senso della mia pochezza e del mio niente mi ha sempre fatto buona compagnia, tenendomi umile e quieto».

 

5. San Pier Giuliano Eymard

Brani tratti da

 “Avete l’Eucaristia, avete tutto”, Città Nuova Editrice, Roma 1977

 

L’umiltà di cuore

 

Nostro Signore ci ha rivelato lo spirito che l’animava, dicendo: “Io sono un maestro mite ed umile di cuore” (Mt 11,29). Ma la mitezza non è che il fior e il frutto dell’albero che è l’umiltà. Bisogna, dunque, studiare anzi tutto questa virtù.

Gesù Cristo parla di umiltà di cuore. Non ha, dunque, umiltà di spirito?

 

1) Umiltà negativa

 

L’umiltà negativa, che è quella del peccatore, no. Egli era senza peccato e non doveva vergognarsi di nulla; il buon ladrone diceva di lui: “non ha fatto alcun male” (Lc 23,41). Gesù non aveva neppure questa ignoranza che è, in noi, una punizione della natura decadute.

Egli sapeva tutto, e durante la sua vita a Nazareth, trent’anni, è umile come se non sapesse nulla. Aveva tutti i doni naturali, poteva far tutto alla perfezione, ma non lo dà a vedere; non lavora che secondo la sua età e la sua condizione: è il figlio del falegname Giuseppe.

E, anche nella sua vita di ministero evangelico, non ha mai mostrato che sapeva tutto. Egli non fa che ridire la parola del Padre: “Quanto ho udito da lui, quello dico al mondo” (Gv 8,26). Le parole che vi dico non le dico da me stesso” (Gv 19,10). Egli si limita alla sua missione. Si è sempre comportato come umile di spirito, non glorificandosi di nulla, non cercando mai di brillare, di far dello spirito, di apparire più colto degli altri. A Gerusalemme, se a dodici anni, sbalordisce i Dottori della Legge con le sue rispose, egli li ha anzi tutto ascoltati e interrogati come un discepolo

 

2) L’umiltà di spirito positiva (dell’intelletto e della volontà)

 

Gesù aveva l’umiltà di spirito positiva, quella che si umilia nel bene, attribuendolo a Dio. Affermava il dipendere in tutto dal Padre suo: “Io non faccio nulla da me” (Gv. 8,28). “Il Figlio non può far nulla da sé; egli non fa che ciò che vede fare al Padre” (Gv 5,19).

Egli attribuiva al Padre suo la gloria di tutto ciò che faceva: “Io non cerco la mia gloria.. Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla” (Gv 8,50, 54), “perché la mia parola non è mia, ma del Padre mio che mi ha mandato” (Gv 14,24).

 

L’umiltà di spirito di Gesù è, dunque, mirabile, magnifica: è una virtù tutta gloriosa, perché è tutta d’amore. Per due motivi noi dobbiamo vivere l’umiltà di spirito, e questo a titolo di giustizia: - anzi tutto non soltanto non siamo niente, ma peccatori e ignoranti per lo stato della nostra natura decaduta;

- poi dipendiamo da Gesù come discepoli e come servi.

Tuttavia, egli non ci parla che di umiltà di cuore. Al suo amore sembra che ci umilierebbe troppo, domandandoci quella di spirito. Questa ricorda miseria, peccati, titoli di disprezzo. Il suo amore copre questo lato e ci dice di essere come lui, umili di cuore.

 

3) Umiltà di cuore

 

Che cos’è, dunque, essere umili di cuore? E’ amare l’umiltà di Gesù Cristo. E’ ricevere da Dio, con sottomissione di cuore, gli esercizi di umiltà come un bene, come l’occasione di una virtù che per lui è gloriosissima. E’ accettare il proprio stato, i propri doveri, e non vergognarsi della propria condizione. E’ essere naturali, cioè semplici, nel soprannaturale.

Se amo Gesù Cristo, devo assomigliargli: “Fatevi miei discepoli, seguitemi”. “Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone (Mt 10,24-25).

 

Se amo Gesù Cristo, devo amare ciò che ama lui, ciò che fa lui, ciò che lui preferisce a tutto. L’umiltà è, dunque, per me ciò che vi è di migliore, di più onorevole, di più vantaggioso. L’umiltà di cuore è d’altronde più facile di quella di spirito, poiché si tratta di un sentimento e di un sentimento elevatissimo; imitare Gesù Cristo che ci ha provato il suo amore, e che ha trovato la sua gloria nelle sue umiliazioni, sublimi circostanze d’umiltà.

 

Abbiamo noi questa umiltà di cuore? Sì, quella che procede con la dedizione, il successo, la gloria, quella che dà a Dio, che si consuma per sé, o il prossimo. Ma quella che discende, secondo l’esempio di Giovanni Battista che si umilia in pubblico davanti a Gesù che viene a lui per essere battezzato? Noi amiamo il profumo dell’incenso, ma non amiamo essere lo stesso grano che si brucia per la gloria di Dio.  Là è il vero combattimento che, per mezzo della grazia, dedica a Nostro Signore il cuore della nostra anima. Ahimé! Sì, l’umiltà nella prosperità, l’abbondanza, il successo, gli onori, la potenza: questa è facile. Si gode, anche umiliandosi, anche attribuendo, allora, tutta la gloria a Dio. Ma è una umiltà, in qualche modo, negativa.

 

La vera umiltà positiva è quella che avviene nelle umiliazioni interiori ed esteriori, che attaccano lo spirito, il cuore, il corpo, le opere, tempeste che sommergono l’anima: ecco l’umiltà di Nostro Signore e dei santi.

 

Come arrivare ad acquistarla? Infondere in noi lo spirito di Nostro Signore è il mezzo più necessario e più potente. Se ci si limita ai discorsi, alle riflessioni, si crederà di essere umili perché si avranno avuti dei bei pensieri sull’umiltà; oppure se ci si proporrà di fare qualche bella azione d’umiltà, poi resterà là, perché non ci si penserà più, assortiti, spirti da altre preoccupazioni… No. Bisogna mettersi nello spirito di Nostro Signore, bisogna guardare lui, consultarlo, agire sotto la sua divina influenza; vivere con lui in società d’amore. E per questo? Pensarci! Dunque, raccoglimento in Nostro Signore, fonte e modello di santità e amabile umiltà di cuore.

 

6. Sant’Ignazio di Loyola: «Esercizi spirituali»

 

Tre modi di umiltà (nn. 146, 165,166,167,168)

 

1) Il primo modo di umiltà è necessario per la salvezza eterna e consiste nell'abbassarmi e umiliarmi, quanto mi è possibile, per obbedire in tutto alla legge di Dio nostro Signore; di modo che io non decida mai di trasgredire alcun comandamento divino o umano che mi obblighi sotto pena di peccato mortale, anche se fossi fatto signor di tutte le cose create, o anche a costo della mia vita terrena.

 

2) Il secondo modo di umiltà è più perfetto e consiste in questo, che io mi trovi in una disposizione tale da non volere né affezionarmi ad avere la ricchezza piuttosto che la povertà, a cercare l'onore piuttosto che il disonore, a desiderare una vita lunga piuttosto che una vita breve, purché sia uguale il servizio di Dio nostro Signore e la salvezza della mia anima; e inoltre che non decida mai di commettere un peccato veniale, neppure in cambio di tutte le cose create né a costo di perdere la vita.

 

3) Il terzo modo di umiltà è il più perfetto e consiste in questo: includendo il primo e il secondo modo, e posto che sia uguale la lode e la gloria della divina Maestà, io, per imitare più concretamente Cristo nostro Signore ed essergli più simile, voglio e scelgo la povertà con Cristo povero piuttosto che la ricchezza, le umiliazioni con Cristo umiliato piuttosto che gli onori; inoltre desidero di più essere considerato stolto e pazzo per Cristo, che per primo fu ritenuto tale, piuttosto che saggio e accorto secondo il giudizio del mondo.

 

A chi desidera raggiungere questo terzo modo di umiltà, giova molto fare i tre colloqui già indicati nella meditazione dei tre tipi di uomini [147, 156], chiedendo che nostro Signore voglia sceglierlo per questa maggiore e più perfetta umiltà, per meglio imitarlo e servirlo, purché sia uguale o maggiore il servizio e la lode della divina Maestà.

 

Considero il discorso che Cristo nostro Signore rivolge a tutti i suoi servi e amici, che invia a questa missione (jornada), raccomandando loro che cerchino di aiutare tutti gli uomini: li condurranno anzitutto a una somma povertà spirituale e, se la divina Maestà così vorrà e intenderà sceglierli, anche alla povertà materiale; poi al desiderio di ricevere umiliazioni e disprezzi, perché da questi nasce l'umiltà. Vi sono perciò tre scalini: il primo è la povertà opposta alla ricchezza, il secondo l'umiliazione e il disprezzo opposti al vano onore del mondo, il terzo l'umiltà opposta alla superbia; da questi tre scalini li guideranno a tutte le altre virtù.

 

 

IV. L’UMILTA’ NEGLI INSEGNAMENTI DI PAPA FRANCESCO

 

Meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae del 14.06.2013

(tratto da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 136, Sab.15/06/2013)

 

Senza l’umiltà, senza la capacità di riconoscere pubblicamente i propri peccati e la propria fragilità umana, non si può raggiungere la salvezza e neanche pretendere di annunciare Cristo o essere suoi testimoni. Questo vale anche per i sacerdoti: i cristiani devono sempre ricordare che la ricchezza della grazia, dono di Dio, è un tesoro da custodire in «vasi di creta» affinché sia chiara la straordinaria potenza di Dio, di cui nessuno si può appropriare «per il proprio personale curriculum» (omissis).

 

 

V. LA FALSA UMILTA’

 

Vangelo di Matteo 6,3: «Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra».

 

1. C'è però anche una falsa umiltà, che è una superbia mascherata.

 

     L'avversione ai complimenti ne è una dimostrazione. I complimenti quando ci sono, come gli apprezzamenti, sono una cosa buona, lo sbagliato è appropriarsene e non riconoscere la carezza che Dio ci fa attraverso il fratello e la comunità.

     Ecco perché l'avversione ai complimenti sono una specie di truffa, sotto la scorza dell'umiltà mascheriamo ciò di cui abbiamo vitalmente e narcisisticamente bisogno, cioè l'apprezzamento.

     Segno non solo di disistima ma del sentirsi a posto davanti alla proiezione di dio che ci siamo creati, una sorta di ladrocinio velato del consenso che si esprime con gesti facciali chiari e posture lampanti.

     Su quanto una falsa spiritualità si sia fondata su questi atteggiamenti di sottile superbia potremmo a lungo continuare...

 

2. Altra falsa umiltà è generata da alcune maschere che ci creiamo ad hoc per "apparire" migliori.

 

     Tra queste le più evidenti sono le maschere devozionali.            Dure con se stesse e con gli altri, le maschere devozionali, dietro un'apparenza di devozione nascondono una forte carnalità ed una vocazione perfezionista. Non solo sono vittime del loro stesso psichismo di mancata auto-stima (e di problemi nella sfera affettiva e quindi di castità) ma sono inquinate di quella superbia che le fa sentire farisaicamente giustificate (Lc 18, 9-14) ma che in realtà non si sono mai giocate sinceramente nel perdono e nella carità sia verso se stesse che, inevitabilmente, verso gli altri.

     Costoro evitano il peccato non perché sarebbe un dispiacere a Cristo e un disordine effettivo ma piuttosto per sentirsi perfetti, "sopra i peccatori"; talvolta sono talmente immersi in questa menzogna superba che vivono così per una vita, senza accorgersene, duri dispensando durezza, apparentemente sani, sono inquinati di superbia fin nelle midolla. Struttura deviata che fece pronunciare a Pascal quell'iperbole: "caste come angeli, superbe come demoni".

 

3. Altra maschera frequente nelle nostre comunità è quella del "primo della classe"

 

Sono i prezzemolini della pastorale. Coloro che si ritengono indispensabili, bisognosi di dire "ci penso io", sono spesso borghesi e provinciali e fanno le cose per desiderio di apparire, di crearsi un nome nella comunità, un riconoscimento sociale, una poltrona. E guai a chi gliela toglie. La poltrona prende il posto di Dio e il "buon nome" prende ogni reale priorità. Anche nelle comunità e nelle parrocchie c'è il veleno della "curialità".

 

4. Un'altra maschera ad hoc, così diffusa è quella del fare opere di carità, orante, monetaria o di volontariato, per sentirsi (e far vedere) che siamo a posto, giustificati, migliori

 

     Quante opere buone di ogni tipo, sono inquinate dalla superbia del cuore. Occorre vigilare sempre; gioire del bene e ridimensionarsi con un po' di sano umorismo. Perché tutto il bene viene sempre da Dio e noi quando collaboriamo alla sua grazia siamo chiamati a gioirne e non ad appropriarcene; la superbia è infatti, una stoltezza secondo ragione, una non verità, un assurdo ontologico. Dietro ogni maschera, dunque, si cela la vera celebrazione: quella del sé! Non a caso satana ne è stato il progenitore.