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PAOLO VI


GAUDETE IN DOMINO

 
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 BENEDETTO XVI

 GESU' DI NAZARET VOL. 2 - 11.03.2011

"Nel gesto delle mani benedicenti si esprime il rapporto duraturo di Gesù con i suoi discepoli, con il mondo. Nell'andarsene Egli viene per sollevarci al di sopra di noi stessi ed aprire il mondo a Dio. Per questo i discepoli poterono gioire, quando da Betania tornarono a casa. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. E' questo la ragione permanente della gioia cristiana".

  

 

 

IL MONDO HA BISOGNO DI RISCOPRIRE LA GIOIA DELLA FEDE

 

ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il mondo “che brancola spesso nelle tenebre del dubbio”, ha bisogno di riscoprire la gioia della fede, ha detto questa domenica Benedetto XVI nel battezzare sette bambini e sette bambine nella Cappella Sistina. E’ “un grande giorno” per questi bambini, ha detto il Papa durante una omelia interrotta a più riprese dai pianti dei neonati. “Con il Battesimo”, ha assicurato, “divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo, iniziano con lui l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo”. “Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare”, ha continuato. Per questo motivo, il Papa, rivolgendosi ai presenti, in particolare ai padri e ai padrini di Battesimo, ha auspicato che “il Signore conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”.

 

CONSACRATI IN VATICANO TRE NUOVI VESCOVI "MINISTRI DELLA GIOIA"

Il Cardinale Bertone: siate segni del “Dio vicino”


CITTA' DEL VATICANO, domenica, 13 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Benedetto XVI, ha consacrato questo sabato nella Basilica vaticana tre nuovi Vescovi incoraggiandoli nella missione di essere “ministri della gioia”.
 
Riferendosi al periodo liturgico che prepara al Natale, il porporato li ha definiti “Vescovi dell'Avvento”, araldi di quella gioia che solo Cristo può donare. 

La Basilica di San Pietro era stracolma di fedeli giunti da tutto il mondo per assistere alle consacrazioni episcopali, che avevano come concelebranti principali – oltre a 50 Vescovi e diverse centinaia di sacerdoti – il Cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e mons. Giuseppe Molinari, Arcivescovo de L'Aquila.

Due dei nuovi Vescovi sono stretti collaboratori del Papa.

Mons. Jean Laffitte, della Comunità dell'Emmanuel, nato a Oloron-Sainte-Marie (Francia), di 57 anni, sarà il nuovo Segretario del Pontificio Consiglio della Famiglia. Finora è stato Vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e precedentemente Sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia. 

L'altro neo Vescovo è invece mons. Mario Toso, religioso salesiano, di 59 anni, nato a Mogliano Veneto, che sarà il nuovo Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. E' stato Rettore dell'Università Pontificia Salesiana di Roma per un sessennio (2003-2009). Prima era stato Decano della Facoltà di Filosofia (1994-2000) nella medesima Università, ma anche Direttore dell'Istituto di Scienze sociali e politiche, ufficio a cui è stato rinominato appena terminato il suo ufficio di Rettore, il 30 giugno scorso.

Il terzo Vescovo ad essere stato consacrato è mons. Giovanni D'Ercole, dei Figli della Divina Provvidenza, fondati da San Luigi Orione, di  62 anni. E' nato a Morino e sarà Vescovo ausiliare de L'Aquila. La sua nomina rappresenta un gesto di vicinanza del Papa ai fedeli di questa arcidiocesi flagellata dai recenti terremoti. 

Mons. D'Ercole è stato in passato Vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, mentre dal 1998 era Capo Ufficio nella Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato della Santa Sede. Ha unito al servizio alla Santa Sede un’attività sociale soprattutto tra i giovani e in particolare con i ragazzi in difficoltà.

Nella sua omelia il Cardinal Bertone ha ricordato che il Papa stesso ha più volte sottolineato “che la prima necessità del nostro tempo è riportare Dio nel mondo”.

“Nel mondo Dio c'è ma spesso non è riconosciuto – ha continuato – ; né Lui vuole imporsi alla nostra attenzione. Dio bussa alla porta, e aspetta che noi apriamo. È Lui il primo, in un certo senso, ad 'attendere'”.

Per questo, ha continuato, “occorre aprire la mente e il cuore, imparare ad accoglierlo, ascoltarlo, per giungere a capirlo, amarlo, adorarlo”.

Si tratta, ha continuato il Segretario di Stato vaticano, di un aspetto ben evidenziato dal contesto liturgico: l'ordinazione che avviene in Avvento, infatti, ricorda ai nuovi Vescovi che essi devono essere “ministri della gioia”.

Quella gioia “che Cristo dona ai suoi Apostoli; quella gioia che voi stessi oggi provate e che ricevete in dono quale frutto dello Spirito Santo; quella gioia che già a lungo, in quanto sacerdoti, avete dispensato ai fedeli, mediante il Vangelo e i Sacramenti, mediante la vostra testimonianza”.

 

Il PAPA ALL'ANGELUS:

IL SEGRETO DELLA VERA GIOIA E' SENTIRSI AMATI DAL SIGNORE

 
ROMA, domenica, 13 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Il presepio ci insegna che la vera gioia non consiste nel possesso dei beni materiali ma nel sentirsi amati da Dio. Lo ha detto questa domenica Benedetto XVI, prima della recita dell'Angelus in piazza San Pietro.

Rivolgendosi ai fedeli presenti, tra cui i tanti bambini del Centro oratori romani giunti con i loro genitori e animatori per la tradizionale benedizione dei “bambinelli”, le statuine di Gesù bambino che i ragazzi metteranno nei presepi delle case e degli oratori, il Papa ha riflettuto sull'importanza del Mistero di Dio nella nostra vita.

“Il presepio – ha spiegato il Santo Padre – è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia”, che “non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene”. 

“Guardiamo il presepe – ha proseguito –: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù”.

Ecco quindi, ha continuato, che “la vera gioia è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di Dio”. 

“Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità – ha detto il Papa - abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde”. 

Il Papa ha quindi espresso apprezzamento per quanti continuano l’usanza di fare il presepe, sottolineando però che “non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà”.

 

IL PAPA AGLI EX ALUNNI: LA GIOIA DI CONOSCERE DIO SPIEGA LA MISSIONE

CASTEL GANDOLFO, lunedì, 31 agosto 2009 (ZENIT.org).- Solo se conosciamo Dio, e la sua volontà ci suscita gioia, il cristianesimo diventa missionario, ha affermato Benedetto XVI questa domenica nella Cappella del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo durante la Messa conclusiva dell'incontro con il circolo dei suoi ex alunni dell'Università di Ratisbona, celebrato dal 28 al 30 agosto. Il Papa ha esortato a leggere la Bibbia per ascoltare il messaggio di Gesù e conoscere come Dio si avvicina a noi, ricorda la “Radio Vaticana”.Se vogliamo ascoltare integralmente il messaggio di Gesù, il modo in cui ci guida a Dio, se vogliamo conoscere come Dio si fa vicino a noi dobbiamo leggere l'Antico e il Nuovo Testamento, ha detto. Nella Scrittura c'è la legge che Dio ha dato agli uomini, ha aggiunto, che non deve essere vista come un giogo, una schiavitù, ma al contrario dona saggezza, la vera conoscenza, indica come essere e come vivere e deve essere causa di grande gioia. Il Pontefice ha sottolineato che la gioia deve essere il segno che distingue il cristiano perché conosce la volontà di Dio, perché la Legge è espressione anche dell'amicizia di Dio, è parola che libera, che dà forza e purifica (omissis).

 

BENEDETTO XVI: IL SACERDOTE SIA L' UOMO DELLA GIOIA E DELLA SPERANZA

Videomessaggio al ritiro internazionale di sacerdoti ad Ars - CITTA' DEL VATICANO, martedì, 29 settembre 2009 (ZENIT.org).- Una delle sfide più grandi del nostro tempo per il sacerdote è essere "non per se stesso, ma per tutti", ha affermato Benedetto XVI in un videomessaggio diffuso questo lunedì in occasione del ritiro internazionale di sacerdoti in svolgimento ad Ars (Francia) fino al 3 ottobre sul tema "La gioia del sacerdote consacrato per la salvezza del mondo". Il Pontefice si è rivolto ai partecipanti all'incontro sottolineato che il presbitero, "uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza". "Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini", ha spiegato. "In questo Anno Sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo Sommo Sacerdote e che ci ha tutti consacrati nella verità".

Il sacerdote, uomo del futuro. "Il sacerdote è l'uomo del futuro: è colui che ha preso sul serio le parole di Paolo: 'Se dunque siete risorti in Cristo, cercate le cose di lassù'", ha proseguito Benedetto XVI, ricordando che ciò che il presbitero fa sulla terra "fa parte dei mezzi o

 

rdinati al Fine ultimo". La Santa Messa è il "punto unico di congiunzione fra il mezzo e il Fine, poiché ci permette già di contemplare, sotto le umili specie del pane e del vino, il Corpo e il Sangue di Colui che adoreremo per l'eternità". Per questa ragione, il Papa ha incoraggiato i sacerdoti "a rafforzare la vostra fede e quella dei fedeli nel Sacramento che celebrate e che è la sorgente della vera gioia"."Possiate, durante questo ritiro spirituale, sperimentare in modo profondo l'Intimo Indicibile per essere perfettamente uniti a Cristo al fine di annunciare il suo amore attorno a voi e di essere totalmente impegnati al servizio della santificazione di tutti i membri del popolo di Dio!", ha concluso.

 

 La "gioia"

27 marzo 2012 - Il Papa ai giovani della GMG:

siate "missionari della gioia", quella che nasce da Dio e non tradisce

 

“Un cristiano non può mai essere triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la sua vita per lui”. Lo scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale della gioventù, che verrà celebrata a livello diocesano nella prossima Domenica delle Palme. Nel testo, reso noto oggi, il Papa guarda alla Gmg di Rio 2013 ed esorta i giovani a essere “missionari della gioia” cristiana perché, afferma, “non si può essere felici se gli altri non lo sono”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La prova “dell’affidabilità” della fede cristiana è questa: che in un mondo triste e inquieto il cristiano vero mantiene in sé, e diffonde attorno a sé, la gioia. Parte da questa considerazione il lungo Messaggio di Benedetto XVI, che guarda alla Gmg del primo aprile, ma parla fin d’ora ai giovani, specialmente a quelli – nota – che “hanno un immenso bisogno di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza”. Il Papa sviluppa la sua riflessione in sette punti, partendo da un assunto incontestabile: il cuore umano “è fatto per la gioia”, perché – afferma – è l’ingrediente che chiunque cerca per “dare sapore” alla propria esistenza. La famiglia, un’amicizia “condivisa”, un “lavoro ben fatto”, la natura con le sue meraviglie, un “amore sincero e puro”: tutto questo, osserva, è fonte di gioia. Come pure il fatto “di esprimersi e di sentirsi capiti”, di poter essere utili agli altri, di aprirsi a nuove esperienze con la cultura e i viaggi. Ma guardando a ciò, si chiede Benedetto XVI, dov’è il confine tra “gioia piena” e duratura e “piacere immediato e ingannevole”? La risposta il Papa la ribadisce alla riga successiva: le “gioie autentiche – dice – quelle piccole del quotidiano o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio”. Da Lui proviene la gioia che “non ci abbandona nei momenti difficili”, perché Dio ci ha creati per amore e “vuole renderci partecipi della sua gioia”, che a differenza di quella umana è “divina ed eterna”. Ed è in Gesù, prosegue il Papa, che questa gioia di Dio diventa tangibile e si radica dentro, nel profondo del cuore. Perfino la Passione e la Croce sono fonte di gioia, quella della salvezza. “Il male – assicura Benedetto XVI – non ha l’ultima parola sulla nostra vita, ma la fede in Cristo Salvatore ci dice che l’amore di Dio vince”.
Stabilita l’origine della gioia cristiana, il passo successivo è comprendere come questo tipo di gioia si possa “ricevere e conservare”. Anche qui, il Papa ripete ai giovani una verità bimillenaria: la gioia spirituale – quella che resta e non tradisce anche quando la vita è difficile – si riceve e conserva andando incontro a Cristo. “Cari giovani – esorta Benedetto XVI – non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita”, puntando “tutto su di Lui” e sul Vangelo. Riconoscete “ogni giorno la sua presenza, la sua amicizia” negli avvenimenti della quotidianità e “sappiate che non vi abbandonerà mai”. Cercatelo, incalza, nella sua Parola; trovatelo nei Sacramenti. Un cristiano, annota, non sa cosa sia la tristezza perché ha incontrato chi ha dato la vita per lui. Poi, da esperto dell’anima, Benedetto XVI si trasferisce nei panni del fine pedagogo. Affermando che gioia e amore sono intimamente legati, perché la prima “è una forma” del secondo, il Papa si sofferma sul valore dell’impegno e della costanza. Lealtà e fedeltà nei rapporti e nel lavoro, chiarisce, sono imprescindibili. La gioia è come una porta e per entrarvi, puntualizza, “siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo – ricorda – ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune”. Dunque, ripete ai giovani, “impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli fin d’ora al servizio del prossimo”, lasciandovi sedurre dallo spirito di servizio piuttosto che dall’avidità di soldi, successo o potere. Ciò, avverte, impone di individuare bene su quali “traguardi” puntare: non certamente quelli di “comsumo”, figli di una diffusa logica commerciale, ma sulla felicità che Dio promette a chi orienta a Lui i grandi progetti della vita: la vocazione al matrimonio quanto quella al sacerdozio o alla consacrazione.
Benedetto XVI tira le fila del suo discorso evocando due figure d’eccellenza: il Beato Pier Giorgio Frassati – che amava dire che “ogni cattolico non può non essere allegro” – e la Beata Chiara Badano, testimone di come anche il dolore di una grave malattia, che l’ha portata via a soli 18 anni, “possa essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia”. È questo, per Benedetto XVI, il punto più alto della gioia: quella che resiste “nelle prove”. La conclusione è allora diretta e coinvolgente, con echi che riportano a quanto detto all’inizio del Pontificato, poco prima della Gmg di Colonia: “A volte – sostiene il Papa – viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio!”. Dunque, termina Benedetto XVI, siate “missionari della gioia. Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa”.

 

 

SAN GIOVANNI BOSCO IL SANTO DELLA GIOIA

17 agosto 2012 - Festa per Don Bosco il santo della gioia

http://www.zenit.org/article-32138?l=italian