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Editoriale di Maurizio Bogetti 

1. Lamento e lamentela nelle «Lamentazioni»

 

«Considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta e con cui il Signore mi ha punito nel giorno della sua ira ardente»

(dalla Sacra Bibbia, libro delle «Lamentazioni» del profeta Geremia, cap. 1,17)

 

 

2. Lamento e lamentela: definizioni varie

 

Dizionario Hoepli - Lamentala: lamento lungo e insistente

In psicologia -  Lamentela: è una forma di inquinante mentale molto diffusa. Chi è abituato a lamentarsi, prova temporaneo sollievo nello sfogo, ma perde visione e leadership. La lamentela nasce dalla scelta, spesso inconscia, di essere passivi, di subire gli eventi, di rinunciare a dirigere la propria vita.

 

 

3. Lamento, lamentela, compatimento, «auto-compatimento»: concetto spirituale e teologico

Quante volte ci capita di lamentarci, di compatirci o di volerci far compatire?! Troppe volte invece di ringraziare, troviamo motivi per borbottare su quello che è la Volontà di Dio su di noi… e manchiamo di Riconoscenza!

Il lamento, infatti, altro non è che mancanza di riconoscenza della Volontà di Bene di Dio: dobbiamo riconoscere che ciò che la Sua Santa Volontà ha disposto per noi è il nostro vero Bene, invece di lamentarci… lamentarci è come dirGli che Si è sbagliato, dirGli che quel che ha preparato per noi non è veramente il nostro bene e che noi abbiamo un’idea diversa di quello che è meglio per noi… ed è la nostra idea quella giusta, non la Sua!

Questo è il lamento: presunzione e «non-riconoscenza», entrambi frutti dell’orgoglio, frutti di un io superbo che non abbiamo saputo mettere a tacere.

Quando ci lamentiamo non facciamo altro che dare voce al nostro io che vuole affermarsi, domandando attenzione, compassione, conforto umano, rispetto, approvazione… E la causa di tutto questo è sempre l’orgoglio, la nostra pretesa di sapere meglio di Dio cosa è meglio per noi e, dunque, la nostra “libertà” di lamentarci se le cose vanno diversamente!

 

4. Motivi delle lamentele con noi stessi, con gli altri e con Dio

Sono molti i motivi per cui ci lamentiamo con noi stessi, con gli altri e perfino con Dio! Quando infatti non ci lamentiamo ad alta voce, ma borbottiamo dentro di noi, ci compatiamo e accusiamo Qualcuno al di sopra di noi dell’infelicità o della fatica della nostra vita, alla fine, ci stiamo lamentando con Lui! Attenzione, dunque, perfino al lamentarci con noi stessi, perché Lui ascolta i nostri lamenti che, più o meno implicitamente, rivolgiamo a Lui!

Di fronte al desiderio non in Dio di lamentarci dovremmo fermarci un attimo e chiederci “Che bene fa alla mia anima questo lamento? Le dà davvero pace questo sfogo?”.

Il lamento, come ogni tentazione assecondata, non si esaurisce una volta che ad esso diamo voce: ad un lamento ne fa seguito un altro, e un altro ancora, e così via… perché non c’è pace in questo sfogo non in Dio, non c’è pace nell’ostinarci a non voler riconoscere la Sua Volontà di Bene e nel riproporci la nostra come migliore!

Non c’è pace! Non c’è pace per l’anima nel lamento perché, volendo ben vedere, il lamento è peccato, e il peccato non dà pace all’anima. Il lamento è peccato di non-Riconoscenza della Volontà di Bene di Dio, di rifiuto – se non addirittura disprezzo - della Sua Volontà e di ingratitudine per essa.

Certo la Volontà di Dio nelle forme della permissione della sofferenza fisica, morale o spirituale, non è facile da accettare, ma dobbiamo credere che Essa abbia per fine il nostro vero Bene, indipendentemente da quanto possa essere faticosa la strada che porta a raggiungerlo.

 

 

5. I rimedi spirituali alle lamentele

1) Umiltà

Quando facciamo l’atto di umiltà del mettere a tacere i lamenti del nostro io orgoglioso, ecco che, allora, possiamo offrire questo silenzio e questo lamento non detto, trasformandolo, in Dio, in un grazie… e in grazia, perché questo è il frutto di ogni offerta!

Gesù, infatti, ci invita all’offerta, attimo per attimo, delle nostre vite, gioie e dolori. Ma come possiamo offrire se facciamo dell’oggetto della nostra offerta motivo di lamento?

2) Silenzio offerente

Il silenzio offerente a cui Gesù ci invita, è prima di tutto il silenzio del nostro io, quello in cui l’anima può far risuonare le proprie parole di offerta suscitate in lei dallo Spirito. Ancor prima del “Ti offro!” o del “Gesù per Te!”, viene, infatti, il silenzio del nostro io “lamentone”, per lasciar spazio al dialogo offerente con Dio!

3) Offerta riconoscente

Il lamento che neghiamo all’io diviene offerta riconoscente, perché nasce dalla riconoscente accettazione della Volontà di Dio, riconosciuta come Volontà di Bene, anche quando Volontà di croce.

È certamente difficile non lamentarci, soffocare la voce insistente del nostro io, morire a noi stessi per vivere in pienezza la vita in Dio, eppure… eppure questo ci domanda Gesù! E non ci domanda l’impossibile, perché dobbiamo credere che Lui ci darà la forza… Lui che ha saputo tacere ogni lamento anche in Croce, e Maria con Lui… Maria che ha versato sì lacrime, ma lacrime silenziose, riconoscenti ed offerenti, non lacrime di lamento!

Il lamento è non-Riconoscenza di Dio proprio perché l’io riconosce solo se stesso; la nostra anima, invece, riconosce il Volto dell’Amore, e sa che le parole più dolci che può dire a Lui, suo Sposo, sono le parole dell’offerta… parole che, come dicevo, non possono essere dette insieme alle parole di lamento.

Non possiamo dire di vivere l’offerta riconoscente quando la nostra bocca pronuncia parole di lamento! È vero, certamente, che possiamo, riconosciuto l’errore del lamento, offrire la nostra colpa, offrire la nostra povertà, il nostro peccato riconosciuto perché anche questo concime, trasformato in Dio, faccia fiorire la grazia… ma una volta riconosciuto lo sbaglio siamo chiamati ad impegnarci per mettere a tacere il nostro io le volte successive e a non lasciarci scappare preziose occasioni di offerta.

Se impariamo a guardare al lamento come a un peccato di non-Riconoscenza della Volontà di Dio, particolarmente in noi che vogliamo essere Servi della Redenzione, deve nascere il desiderio di riparare a questo peccato.

4) Offerta riparatrice

Possiamo allora offrire ogni lamento non detto, ogni silenzio a cui costringiamo il nostro io brontolone, non solo per noi, ma per tutti, come direbbe Sr Maria Veronica del Volto Santo, figlia spirituale di Don Rua (Nonna Susanna)! Possiamo offrire per riparare!

Ecco che, allora, quel lamento taciuto con cui avremmo voluto cercare non in Dio consolazione e conforto, non in Dio perché partiamo dal presupposto del rifiutare la Sua Volontà, diventa consolazione e conforto per il Cuore di Gesù, ferito da tanti peccati e da tanti lamenti!

Pensiamo a quale potenza riparatrice ha un lamento negato al nostro io ed offerto in Dio! Anche questo deve essere per noi motivo per mettere da parte i nostri “Io voglio… Io preferisco… Per me, invece…” e a dire a Gesù che vogliamo solo quello che vuole Lui, che il nostro unico “Io voglio” è seguito da “fare la Tua e non la mia volontà!”.

Il non lamentarci va di pari passo con il volere quello che Lui vuole e non quello che il nostro io pretende… Già, perché il nostro io più che volere, pretende, mentre Dio mai Si impone, ma ci lascia liberi di accettare o meno la Sua Santa Volontà.

 

6. I frutti perversi della lamentela

1) Invidia

Spesse volte, il lamento si accompagna all’invidia per la presunta felicità degli altri, per le loro vite che ci appaiono migliori delle nostre… quanta irriconoscenza nell’invidia frutto del lamento!

Non spetta a noi giudicare quanto felice o facile sia la vita dei nostri fratelli e nemmeno ci spetta confrontarla con la nostra!

A noi spetta solo di augurare ogni bene al nostro prossimo chiedendo che la Volontà di Dio su di lui si compia e che lui se ne renda strumento. Questo è il migliore augurio che possiamo fare ai nostri fratelli, questa è la benedizione di Dio che possiamo domandare per loro e che allontana da noi ogni pensiero di invidia.

2) Rancore

Altre volte il lamento sfocia nel rancore per un Dio che viene giudicato come crudele, proprio perché permette il male e che non ascolta i nostri presuntuosi suggerimenti su quello che è il nostro bene secondo noi.

3) Mancanza di fede, allontanamento da Dio, isolamento

Questo rancore si trasforma in sfiducia, in mancanza di fede, in allontanamento da Lui… Allontanamento che si aggiunge all’allontanamento dai fratelli causato dall’invidia.

Il lamento, dunque, ci isola. Del resto, a cosa può portare quell’io che riconosce solo se stesso, se non alla chiusura e all’isolamento?

Chi si abbandona a Dio e alla Sua Santa Volontà, vive invece in un atteggiamento di apertura a Lui e agli altri, che lo rendono pronto più a compatire che a volersi far compatire, più a portare conforto che a pretenderlo, più a consolare che a voler essere consolato.

4) Chiusura agli altri

Il lamento, nel suo voler essere insistente richiesta di attenzione o di compassione, potrà anche sembrare “apertura” agli altri nel ricercare in loro quel sostegno di cui sentiamo bisogno, ma, in realtà, ci porta a non avere occhi che per noi stessi, per il nostro dolore, per il nostro io orgoglioso che non accetta di essere chiamato anche a soffrire e ad offrire la propria sofferenza.

Il lamento è chiusura: l’offerta, in quanto dono d’amore, è apertura. Ed è anche per questo che l’offerta diviene “medicina” al lamento, e ripara, essendo atto di Riconoscenza, la «non-Riconoscenza» dell’io brontolone.

Quando ci lamentiamo con gli altri cerchiamo – non in Dio - la loro comprensione, la loro compassione, la loro consolazione… ma queste ci lasciano, il più delle volte, vuoti come prima, perché chi si lamenta non è mai sazio di lamenti e, come accade con ogni tentazione, una tira l’altra!

Se mettiamo a tacere il nostro io che cerca consolazione – non in Dio - attraverso il lamento, non ci verrà a mancare la consolazione – questa volta in Dio – che ci giunge con l’offerta.

Nel silenzio offerente parla in noi la voce del Consolatore, la voce dello Spirito che non solo ci invita ad offrire e ci insegna come farlo, ma nello stesso tempo dona conforto alla nostra anima… il conforto della Riconoscenza della Presenza di Dio, proprio in quell’abbraccio d’amore e di dolore che è la croce che siamo chiamati a portare, e di cui siamo tentati di lamentarci!

L’offerta, dunque, consola il Cuore ferito di Gesù e nello stesso tempo dona consolazione e pace alla nostra anima, perché il vero conforto di cui abbiamo bisogno è quello del riconoscere l’unità con Dio, la Sua rassicurante Presenza che è per noi forza e grazia in ogni prova della vita.

Il lamento, con il suo atteggiamento di chiusura, ci fa sentire davvero soli, privi della consolante Presenza di Dio, “in compagnia” solo del dolore del peccato, della «non-Riconoscenza», del rancore e dell’invidia suscitati dall’avversario.

Offriamo, dunque, il nostro non lamentarci per riparare alle troppe, vuote ed inutili parole di lamento dell’io; mettiamolo a tacere, perché il nostro silenzio offerente sia consolazione per il Cuore di Gesù… e sia vera consolazione in Dio anche per noi, nel riconoscerci uniti a Lui proprio nell’offerta della sofferenza.

5) la bestemmia

 

7. L’insegnamento dei santi

1) Sr Maria Veronica del Volto Santo

Sr Maria Veronica del Santo Volto, «Nonna Susanna», figlia spirituale di don Rua e di riflesso di don Bosco, ci chiama a vivere la Riconoscenza, a dire il nostro grazie "per noi e per tutti"... E per tutto, ovvero ci invita a non lamentarci di nulla!

2) San Domenico Savio e San Giovanni Bosco

San Domenico Savio diceva che loro, i ragazzi discepoli di don Bosco, facevano consistere la santità nello stare molto allegri, cioè nel saper fare offerta riparatrice di tutto, di ogni contrarietà (fame, sete, freddo, caldo, incomprensioni e umiliazioni) e guadagnar così anime a Dio... come insegnava loro don Bosco!!!

3) San Francesco d’Assisi

San Francesco cantava fra i dolori più acerbi: «E’ tanto il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto».

8. Conclusioni spirituali

1) Abbiamo insistito sul detto popolare che "a lamentarsi si fa peccato", che è un modo di dire la medesima verità, comune a Sr Maria Veronica e a Domenico Savio. Facciamo di questo detto un aiuto a coltivare la riconoscenza ed evitare tutto ciò che impedisce all'anima di perfezionarsi nelle vie di Dio e, per noi, di vivere il carisma dei servi della Redenzione. Non cospargiamo le nostre anime del sale delle lacrime della vita... mettiamole piuttosto nel calice del Sacrifico Eucaristico perché diventino perle preziose!

2) Insegniamo ai nostri fratelli, particolarmente ai ragazzi e ai giovani, a farlo! Insegniamo loro a prestare attenzione alla Volontà di Dio, per riconoscerla ed adorarla in silenzio come Maria, Madre umilissima, e come i Magi. In questo diamo davvero segno di voler vivere la nostra chiamata alla paternità e alla maternità spirituale!

3) Dimostriamo, inoltre, di avere fiducia nel futuro della nostra gioventù e della società cristiana che è chiamata ad essere sempre più quella "società dell'amore" che la Chiesa ci insegna a costruire... nel cammino verso il Regno...

4) Dobbiamo costruire sempre più una cultura dell'incontro e non dello scontro, direbbe papa Francesco... dell'incontro con Gesù e dell'incontro con l'altro in cui vediamo il Volto di Dio...

5) Amiamo i fratelli con tutti noi stessi, con tutto quel "potenziale d'amore" di cui ci ha forniti il Battesimo.

6) Offriamo un sacrifico a Dio gradito... "per noi e per tutti"... Diciamo grazie, invece di lamentarci, e... ripariamo! In Dio, in Dio, in Dio!!!

Vostro fratello in Cristo, Maurizio Bogetti